L'estate alla fine del secolo
Potere di una bella copertina......entro in una libreria e mi colpisce un'immagine solare, di due albero immersi un lago al tramonto, con le chiome spoglie che si riflettono nelle acque. "L'estate alla fine del secolo", ammicca a una bella avventura vacanziera di qualche anno fa, quando anche io ero ragazza , ed è proprio quello che cerco in questo agosto rilassante. La trama mi parla di un incontro fra un nonno e un nipote, mi dispone bene, e il libro è mio.
Poi guardo l'autore, Fabio Geda, e un po' mi pento perché, mettetemi pure al rogo, il suo "Mio fratello rincorre i dinosauri" proprio non mi ha appassionato, ma tant'è. Il libro non mi ha fatto niente, comprato va letto, non si può piazzarlo in un angolo, così inizio l'avventura ed incontro Zeno.
Zeno vive al mare, pesca col padre, ha il calcio, ha la passione per i fumetti, ha amici forse un po' sopra le righe (o forse no) e una bici per girare le stradine verso il mare. Ma Zeno ha anche una prova da affrontare, una tempesta che sconvolge la vita di tutta la sua famiglia, e che lo porta ad imbattersi in un pezzo sconosciuto del suo passato, un nonno di cui nessuno gli ha mai parlato! Quell'uomo è taciturno e glaciale, per di più abita in uno sperduto paesino della Liguria, sulle colline, in cui i cellulari non hanno campo, a meno di non arrampicarsi su fra le montagne.
Ma la vita nonno Simone non è sempre stata fatta di passeggiate e formaggi conservati in cantina e, fra un silenzio imbarazzato e una convivenza forzata, si insinuano pezzi di un passato che parla di guerra, di nomi fittizi, di ore in fabbrica e di perdite. Così Zeno, in quella estate che prometteva solo preoccupazioni e frane d'anima, senza saperlo, costruisce quei mattoni su cui si fonderà la sua vita: il disegno, la casa a Colle Ferro, Luna, il diario del nonno che, a distanza di anni, farà luce sulla vita di un uomo silenzioso, vissuto con un senso perenne di inadeguatezza e di precarietà.
Con la sua struttura di storie parallele Geda chiede al lettore di spostarsi pazientemente nel tempo e nello spazio, ma soprattutto nei mondi e nei valori di due Italie diverse, di due tipologie familiari differenti, di due mondi che sembrano davvero lontani anni luce, e chiede di farlo in punta di piedi, ascoltando i timori di un giovane ebreo del dopoguerra che teme ciò che la vita gli pone davanti, e di un ragazzino degli anni Novanta che ancora non sa cosa ne sarà dei suoi capisaldi familiari.
La delicatezza è la dote che questo libro pretende, delicatezza e capacità di ascolto, perchè non tutto è giusto o sbagliato, non tutto è da condividere o condannare, non tutto è da giudicare.